Il Mio Biliardo by Mordecai Richler

Il Mio Biliardo by Mordecai Richler

autore:Mordecai Richler
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
Tags: Letteratura Americana
ISBN: 9788845917011
editore: Adelphi
pubblicato: 2001-01-12T23:00:00+00:00


11

Il 28 aprile, un venerdì sera, ero seduto da solo al bar del lugubre Novotel di Sheffield. Aspettavo Cliff Thorburn. Dietro l'angolo si stava giocando il Crucible, che seguivo con la coda dell'occhio alla T.V. L'appuntamento era alle nove, ma alle nove e mezzo Cliff non si era ancora fatto vedere. Il che non mi seccava più di tanto, perché i movimenti nel bar erano di un certo interesse. Due groupie in minigonna che avevo conosciuto ai Masters d'Irlanda sono passate ridacchiando e facendomi un cenno che, più che di invito, mi è parso di congedo. Poi sono andate a mettersi bene in mostra su un divanetto, pronte al rimorchio. Tempo tre minuti avevano già agganciato un paio di ragazzotti in giubbotto di pelle nera, uno dei quali indossava una maglietta dei Dallas Cowboys.

Quando le due ragazze si sono ritirate stacchettando nel bagno delle signore per consultazioni -oggetto delle quali immagino fosse la scelta fra cedere all'istante oppure attendere gli eventi - i loro due euforici persecutori si sono stretti la mano, poi il più igienista ha cavato di tasca un flaconcino, ha spalancato le fauci e se le è asperse ben bene. Bravo, non me l'aspettavo. Un attimo dopo le ragazze erano di ritorno. I due hanno ordinato da bere cominciando ad accarezzarle autorevolmente sulla schiena, in modo da marcare il territorio.

Le dieci e un quarto, e di Thorburn ancora nessun segno. La sessione serale del Crucible era finita. Il bar si era riempito, e molte coppie stavano in piedi, i bicchieri a rischio nella calca, pronte ad avventarsi sulla prima sedia disponibile. Non so quante volte ho dovuto respingere avventori sempre più scettici, convincendoli a fatica che la sedia vicino a me era vuota perché aspettavo qualcuno.

Il torneo stava entrando nella fase conclusiva, e da Londra erano arrivati per il week-end parecchi pezzi grossi, tra cui il medico dell'antidoping e il tetro Peter Middleton, uno dei capi della Federazione, che passeggiava avanti e indietro latrando nel cellulare. Erano tutti seguiti passo passo da un manipolo di temibili mogliere più che vestite, tappezzate. Capelli raccolti e fermati da un pettine di tartaruga. Giacche sbottonate con le spalline imbottite. Davanzali coperti di cachemire e adorni di spille. Fili di perle. Gonnoni e scarpe basse. Ogni volta che una di lorsignore attraversava il bar per raggiungere i tavoli, cinque gradini più in alto, l'impiantito scricchiolava. Quelle damazze stagionate mi ricordavano le rocciose mogli dei tories nella rispettabile era Major. Ma sì, quelle Santippi britanne che si facevano ritrarre a braccetto dei loro umiliati mariti nel giardino del cottage nel Kent o nei Cotswolds, assicurando allo sciame dei cronisti - dopo aver loro intimato di non calpestare le aiuole - che intendevano rimanere al fianco del James o Roger o Geoffrey di turno, benché costui fosse stato beccato mentre sgattaiolava fuori da un salone di massaggi o portava a cavacecio una ragazzina - subito precipitatasi a vendere il racconto delle sue disgrazie a «News of the World» -, o accettava un "pourboire" da al Fayed in cambio dei servizi resi.



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